L’indagine sull’incidente dell’F-35C Lightning II avvenuto a bordo della portaerei di classe Nimitz USS Carl Vinson (CVN 70) il 24 gennaio 2022 è stata completata ed è stata rilasciata lo scorso 16 febbraio 2023. l’incidente è risultato essere un errore del pilota; tuttavia, l’errore non è stato il risultato di azioni sconsiderate o intenti malevoli. Il pilota era aggiornato su tutte le qualifiche e l’aereo era conforme a tutte le ispezioni periodiche di manutenzione e assistenza.
Il 24 gennaio 2022, intorno alle 16:30 ora locale, l’F-35C in carico agli “Argonauts” del VFA-147 si era schiantato sul ponte di volo della USS Carl Vinson che stava operando nel Mar Cinese Meridionale. Il pilota si era lanciato in sicurezza e l’aereo è poi scivolato giù dal ponte di volo e in mare. L’incidente del caccia stealth della US Navy è ad oggi il primo ad aver coinvolto un F-35C.
Furono sei i feriti coinvolti nell’incidente dell’F-35C: il pilota e altri cinque marinai che stavano lavorando sul ponte di volo al momento dello schianto del velivolo. Tutto il personale ferito era poi stato dimesso dalle cure mediche. L’incidente ha provocato danni per circa 120.000 dollari al ponte di volo della Carl Vinson, per circa 2,5 milioni di dollari di danni ad un velivolo EA-18G Growler che era stato colpito da detriti mentre era parcheggiato sul ponte di volo e per più di 115 milioni di dollari per l’F-35C.
Il pilota è stato successivamente recuperato dal mare e il ponte di volo sgombrato e ripristinato per le operazioni. Dopo una breve pausa in conformità con le procedure di sicurezza, la rapida risposta dell’equipaggio della porterei ha permesso alle operazioni di volo di riprendere in meno di un’ora con un impatto minimo sui requisiti della missione.
Il 2 marzo 2022, una squadra della Task Force 75 della US Navy e del Supervisor of Salvage and Diving (SUPSALV) del Naval Sea Systems Command, si sono imbarcati sulla nave per il supporto alle immersioni (DSCV) Picasso, recuperando il relitto dell’F-35C da un profondità di circa 12.400 piedi. Il recupero dell’aereo attenuò così i timori che la Cina o la Russia potessero recuperare l’aereo prima degli Stati Uniti per mettere le mani sulla tecnologia del caccia di quinta generazione F-35 e per eventualmente replicarne la tecnologia di bordo o per scoprirne i punti deboli.
Da quanto è emerso dall’indagine dell’incidente dell’F-35C, il 24 gennaio 2022 il pilota stava tentando un atterraggio particolare, popolarmente nota come Sierra Hotel break, una “manovra approvata e comune”, ma che il pilota in questione non aveva mai eseguito prima. “A causa della tempistica ridotta e della mancanza di familiarità (del pilota) con la manovra, il pilota ha perso la consapevolezza della situazione e non è riuscito a completare la sua lista di controllo per l’atterraggio”, secondo l’indagine.
“In particolare, il pilota è rimasto in modalità manuale quando avrebbe dovuto essere, e pensava di esserlo, in una modalità di comando automatizzata progettata per ridurre il carico di lavoro del pilota durante gli atterraggi.” Ciò ha portato il pilota a entrare per l’atterraggio senza abbastanza potenza e quando si è reso conto della sua situazione era troppo tardi.
Il portavoce delle Forze Aeree della Marina USA Cmdr. Zachary Harrell ha confermato che il pilota dell’incidente non vola più per la Marina USA ma continua a prestare servizio come ufficiale. Il pilota che era al suo primo dispiegamento aveva 650,3 ore di volo totali con 370,7 ore di volo nel Lightning II. All’epoca dell’incidente stava tentando una manovra di “recupero accelerato”, una pratica di atterraggio comune che riduce il tempo di apertura del ponte e aumenta l’efficienza, manovra mai provata prima dal pilota e con lo schianto avvenuto proprio durante il suo primo tentativo di eseguirla.
La Sierra Hotel Break “è una manovra in cui un aereo utilizza le forze G per decelerare nel corso di una virata di 360 gradi, facendo uscire il carrello di atterraggio quando l’aereo è al di sotto della velocità di transizione per l’uscita del carrello di atterraggio. Quando si vira a poppa o sopra la nave, un pilota ha una quantità di tempo ridotta per configurare l’aereo e condurre i controlli di atterraggio”, si legge nell’inchiesta.
Prima dell’incidente dell’F-35C, il pilota ha iniziato la prima virata per portarsi all’atterraggio sulla parte posteriore della portaerei appena sopra la piattaforma dell’ufficiale di segnale di atterraggio (LSO). Dopo la virata, il pilota non ha attivato i due strumenti di assistenza all’atterraggio del caccia, l’Approach Power Compensation Mode (APC) e il Delta Flight Path (DFP), che automatizzano alcuni dei compiti necessari al pilota per l’atterraggio su una portaerei . Quando attivato, il DFP regola automaticamente l’accelerazione per mantenere il velivolo sulla planata corretta per atterrare su una portaerei, mentre l’APC mantiene l’angolo di attacco del caccia.
Il pilota ha detto agli investigatori di non aver completato la sua lista di controllo per l’atterraggio e di non aver attivato i sistemi di assistenza all’atterraggio automatizzati “perché era sopraffatto da un’abbondanza di compiti”, una condizione nota come saturazione dei compiti, afferma l’indagine.
Il pilota si è quindi avvicinato alla portaerei in modalità manuale dove, secondo le indagini, avrebbe controllato sia lo stick che la manetta. L’atterraggio in modalità manuale comporta un aumento del carico di lavoro per il pilota in termini di controllo della velocità di avvicinamento, dell’allineamento e del sentiero di planata. Le modalità automatizzate disponibili, che all’epoca non erano richieste, consentono al jet di controllare automaticamente la spinta del motore per mantenere l’angolo di attacco desiderato, consentendo al pilota di concentrarsi solo sull’uso dello stick.
“Il pilota si è reso conto che il jet era estremamente lento e continuava a scendere”, ha continuato l’indagine. “In quel momento, il pilota ha spinto manualmente la manetta del motore alla potenza militare e poi è andato al massimo postbruciatore una volta che si è reso conto che l’aereo era in uno stato pericoloso, non riuscendo a salire.” L’ufficiale LSO aveva comunicato al pilota che la velocità era troppo bassa e un secondo dopo di salutare e accendere i postbruciatori.
“L’aereo ha sviluppato un rapido tasso di caduta in prossimità dell’avvicinamento all’atterraggio e una richiesta di potenza del motore manuale non è stata aggiunta fino a 2,6 secondi prima dell’impatto”, afferma l’indagine. “Questa successiva aggiunta di potenza non è stata sufficiente per impedire all’aereo di colpire il ponte di volo.”
Quando il jet ha colpito il ponte di volo della Carl Vinson, ha tranciato il carrello di atterraggio e ha fatto rimbalzare la coda in aria prima che il muso colpisse il ponte. Il jet ha poi preso il primo cavo di arresto sul ponte, ruotando il muso perpendicolarmente al percorso previsto andando ad impattare sul secondo cavo di arresto, facendo ruotare l’aereo in senso antiorario. A quel punto il pilota è stato espulso.
Continuando a girare, il jet è caduto in mare dal lato anteriore sinistro della portaerei. Era trascorso meno di un minuto tra l’inizio della manovra da parte del pilota e lo schianto contro il ponte di volo della portaerei. I dati recuperati dall’F-35C dopo l’incidente hanno mostrato che dopo la prima virata il motore dell’aereo è passato al minimo, la posizione minima dell’accelerazione, ed è rimasto in questa posizione fino a quando il pilota ha tentato di accelerare due secondi prima di colpire il ponte di volo della Vinson.
A seguito dell’incidente dell’F-35C, tra le raccomandazioni adottate e ordinate dal comandante delle Forze Aeree della US Navy, il Vice Ammiraglio Kenneth Whitesell, c’è l’obbligo per i piloti di utilizzare i sistemi di atterraggio automatizzati. Come detto prima dell’incidente dell’anno scorso, ai piloti veniva chiesto di utilizzare l’assistenza automatizzata a discrezione.