C’è un posto nel mondo dove tutto è possibile, dove anche i sogni, i sogni più impossibili, si possono avverare, un luogo a cui molti di noi affidano le proprie speranze e i propri sogni: quel posto si chiama cielo. Il cielo: la dimora dei sogni, delle speranze e dei sogni. Ma davvero in cielo tutto è possibile? Per rispondere a questa domanda ho deciso di accompagnare il mio amico Iwan e Stefano all’aviosuperficie di Castel Viscardo (TR) per un volo in aliante.
Tutti noi abbiamo guardato il cielo cercando sollievo da una situazione difficile, tanti innamorati hanno lanciato messaggi al cielo sperando che la propria amata li ricevesse (io per primo), al cielo che ognuno di noi volge lo sguardo per ringraziare per un miracolo ricevuto.
Iwan e Stefano sono due persone molto diverse tra loro, un po’ mi ricordano Don Camillo e Peppone (non me ne vogliano): litigano, si fanno la guerra ma non possono vivere l’uno senza l’altro. Già Iwan e Stefano sono molto diversi tra loro ma hanno in comune una cosa, una profonda passione per il volo.
Ed è per questo che sono in macchina con loro, diretti verso un’aviosuperficie di cui ho sentito parlare per anni: per parlare di volo, ma non di un volo qualsiasi, il volo in aliante, il volo per eccellenza a mio modesto parere. Già! L’aliante un velivolo troppo spesso sottovalutato, un velivolo disegnato dal vento che ha fatto dell’eleganza e della prestazione aerodinamica una ragione di vita.
C’è poco da dire: per la sua forma perfetta, per la sua silenziosità e per la sua efficienza aerodinamica, l’aliante rimane il volo più simile a quello di un uccello. In generale il volo a vela è quanto di più simile al volo di un rapace ma con l’aliante si raggiungono livelli altissimi di efficienza, quindi distanza, anche se c’è quel maledetto plexiglas che a me proprio non piace “scusate ma sono un motociclista e un pilota di parapendio e come tale mi piace avere il vento in faccia”.
Superiamo Castel Viscardo, uno dei tanti borghi della nostra meravigliosa Italia, pochi km e raggiungiamo l’omonima aviosuperficie dove i nostri due aquilotti, come due Don Camillo e Peppone dell’aria si litigano l’aliante che, incurante, si gode il sole di questa gelida mattina. Per anni ho visto volare gli alianti sopra il mio parapendio, in alcuni (rari) casi ho condiviso alcune termiche, spesso ho invidiato la loro efficienza aerodinamica e la possibilità di percorrere grandi distanze: ora è giunto il momento di toccare con mano quanto bramato per anni.
A dire il vero il mio amico Iwan preferisce fare acrobazia in aliante tanto da essere arrivato primo nella categoria Classe sport e settimo nella classifica generale di acrobazia in aliante, ma fa nulla: se devo perdere la mia verginità con l’aliante la voglio perdere solo con lui.
Osservo le linee perfette dell’aliante, le studio minuziosamente estasiato, ne osservo ogni singolo dettaglio stupito di come l’uomo sia riuscito ad imitare così bene le forme di un uccello: l’istinto è quello di accarezzare questo velivolo per meglio apprezzarne le forme e la perfezione ma evito e cerco di darmi un contegno.
Il tempo delle chiacchiere finisce e Pietro Filippini un istruttore con migliaia di ore di volo alle spalle ed un curriculum da far invidia all’aquila più anziana, mi fa indossare il paracadute di emergenza e mi fa sedere nel sedile posteriore dell’aliante impartendomi in maniera minuziosa ed attenta tutte le istruzioni di sicurezza poi arriva Iwan con la sua sedia a rotelle… ed entra nell’aliante senza che nessuno lo aiuti.
Il mio amico Iwan è paraplegico come il suo amico Stefano, insieme condividono la loro passione profonda per il volo nonostante non abbiano l’uso delle gambe, ma loro incuranti di ciò che la vita gli ha tolto, hanno reagito e ora sono qui, ai comandi di questo meraviglioso aliante mentre l’altro, da buon amico, è al suo fianco a sfotterlo. Si sfottono ma quando Iwan entra in cabina si trasforma, diventa serio e controlla scupolosamente ogni dettaglio, controlla me e segue fedelmente la check list prevolo in maniera attenta, se prima di entrare in cabina rideva e scherzava ora è serio e molto puntiglioso.
Poi arriva l’ok dall’aereo di traino, Iwan mi fa cenno di prepararmi, pochi secondi e questo concentrato di ingegneria ed efficienza aerodinamica si trasforma in qualcosa di quanto più simile ad un uccello: silenzioso efficiente, performante, leggiadro, come una gigantesca aquila. In pochi minuti l’areo ci porta alla quota di sgancio, mentre Iwan, come un fratello maggiore mi spiega minuziosamente ogni fase del volo.
È bravo Iwan sapete! Bravo ed attento, ma così deve essere specie quando si porta in volo una amico, ma sento che c’è dell’altro: Iwan è uno di noi, un semplice operaio che un giorno ha perso l’uso delle gambe in un incidente motociclistico ma a differenza di altri, ha avuto la forza di reagire e la fortuna di conoscere il suo amico Stefano (primo ed allora unico pilota disabile di alianti) durante una manifestazione per sport disabili dove ha capito che essere disabili non vuol dire rinunciare ad avere una vita sociale, che i il cielo è una dimora per sognatori, che quello che in terra è impossibile in cielo… non lo è!
E Iwan in cielo ha trovato la propria dimensione: ”vedi Mané a terra la mia condizione mi impedisce di fare mille cose, il mondo è pieno di barriere ed ostacoli mentre quassù… io sono me stesso senza nessuna barriera, quassù sono libero di esprimermi indipendentemente dal fatto di essere su una sedia a rotelle, quassù… sono me stesso!” mi esclama con la voce entusiasta di un quindicenne.
Iwan vira secco a destra, facendo una virata decisa a 3g (3 volte la forza di gravità, per farvi capire se in condizioni normali peso 90kg, ok 97, in questa virata il peso avvertito è di 97×3 = 291kg fate voi) poi punta dritto verso il lago di Bolsena, verso il sole che si staglia alto: lo sento urlare, urla di gioia e ride mentre io a fatica mi riprendo dalla virata dove per un attimo i mie polmoni mi sono finiti sotto le suola delle mie scarpe, lo osservo compiaciuto, lo vedo sorridere come non mai, sento l’emozione e la commozione e capisco…
Capisco per l’ennesima volta che quassù tutto è possibile, il cielo è il regno dei sogni ed i sognatori possono essere se stessi indipendentemente dal sesso e dalla condizione fisica, quassù non mi stancherò mai di ripeterlo il mondo che a terra sembra un oceano di lacrime sembra una enorme sfida da vincere, quassù anche i sogni più impossibili sembrano reali, quassù anche una persona paraplegica come Iwan può sentirsi come una farfalla, leggera ed aggraziata, quassù… ma come si sta bene quassù, ma perché dobbiamo tornare a terra?
Il mio amico prosegue il suo volo sicuro ed incurante della sua condizione fisica, in cielo che tu sia normodotato o disabile non conta nulla, conta quello che hai dentro e Iwan ha un cuore grande, un cuore che batte forte ogni volta che è in aria, un cuore che esplode di gioia ogni volta che fa una figura perfetta, un cuore che non si è arreso alle difficoltà della vita e che lo ho ha portato quassù, tra nuvole e sogni.
“Il volo quindi! Un antidoto alla vecchiaia” lo scrivevo dieci anni fa e oggi come non mai queste parole riecheggiano nella mia testa, in questo volo ho visto un amico (anzi due) trasformarsi, da due bruchi a due bellissime e leggiadre farfalle, ho visto la loro metamorfosi, ho sentito le urla di gioia, ho visto due uomini tornare bambini, ho visto la felicità nei loro occhi, ho visto… un sogno avverarsi!
Dedicato ai miei amici Iwan e Stefano e a tutti i sognatori
Testo e immagini: Emanuele “Manè” Ferretti