Lockheed Martin F-35A
@ Lockheed Martin / Liz Kaszynski

La Svizzera discute se produrre parte dei suoi futuri F-35A a Cameri in Italia, anche se il referendum popolare potrebbe abbattere il caccia invisibile

Una delegazione di armasuisse guidata dal capo dell’armamento Martin Sonderegger ha incontrato a Cameri, in Italia, il segretario generale della Difesa e direttore nazionale degli Armamenti italiano per dei colloqui bilaterali in merito al programma Air2030. Si discuterà la possibilità che alcuni dei futuri caccia F-35A svizzeri vengano prodotti in Italia.

Il capo dell’armamento Martin Sonderegger è stato accompagnato da Peter Winter, capo del programma Air2030, Darko Savic, capoprogetto «Nuovo aereo da combattimento» e Bernhard Berset, sost. capoprogetto «Nuovo aereo da combattimento». A Cameri, la delegazione di armasuisse ha incontrato il segretario generale della Difesa e direttore nazionale degli Armamenti (Sga/Dna), Gen. Luciano Portolano e altri collaboratori del Ministero della difesa, nonché i rappresentanti del progetto italiano F-35 e dell’azienda italiana Leonardo.

L’incontro è stato incentrato sulla possibilità di far produrre parte della futura flotta di trentasei F-35A delle Forze aeree svizzere a Cameri, in Italia. Nell’ambito dell’incontro, la delegazione ha avuto modo di visitare lo stabilimento di produzione e manutenzione di Cameri. Inutile sottolineare che si tratta di una notizia positiva che supporta i volumi produttivi ed economici della divisione aerostrutture del gruppo Leonardo.

Come sappiamo a Cameri si trova una delle due linee di produzione dell’F-35 fuori dagli Stati Uniti e l’unica in Europa (l’altra è in Giappone). La F.A.C.O. di Cameri è gestita da Leonardo, Lockheed Martin e dal Ministero della Difesa, con l’Italia che ha partecipato al programma F-35 fin dall’inizio. L’Aeronautica militare e la Marina Militare utilizzano già gli aerei F-35A e F-35B prodotti a Cameri che, inoltre, produce anche gli F-35A per le forze aeree olandesi e le ali di tutto il programma F-35.

I colloqui con la Svizzera, anticipati da un altro incontro con i rappresentanti della Lockheed Martin a Fort Worth in Texas, collocano l’Italia in una posizione privilegiata per nella linea di produzione degli F-35 destinati alle nazioni europee. In questo contesto agli F-35A svizzeri potrebbero anche aggiungersi gli F-35A finlandesi appena acquistati da Helsinki.

Berna pone però molta attenzione al collettivo “Stop F-35”, che con l’iniziativa popolare federale “Contro l’F-35” lanciata il 31 agosto 2021, si oppone al programma degli F-35 svizzeri. Questo collettivo ritiene che l’F-35 non rientrerà nel budget assegnatogli, che il ruolo principale di controllo dello spazio aereo nazionale richiesto all’aereo non richieda l’acquisto di un caccia stealth e che la Svizzera sarebbe troppo dipendente sugli Stati Uniti sulla propria politica di sicurezza dal punto di vista industriale. Quindi nel caso in cui il traguardo delle 100.000 firme venga raggiunto entro il 1 marzo 2023, il progetto F-35 potrebbe rischiare di fallire o almeno di subire gravi ritardi.

Molti oppositori della scelta dell’F-35 sono, tuttavia imbarazzati dai termini di questa iniziativa, poiché oltre alla rinuncia all’F-35A e alle batterie missilistiche di difesa aerea Patriot, l’iniziativa propone anche una riduzione del budget della difesa svizzera e alla rinuncia a qualsiasi acquisto di aerei da combattimento. Non si tratta quindi di rifiutare l’F-35 per reindirizzare la scelta verso il Rafale o l’Eurofighter, ma di mettere in discussione il principio stesso dell’aviazione da combattimento portando la Svizzera a non avere più un aereo da combattimento una volta ritirati l’F-5E II Tiger e l’F/A-18 Hornet.

Una scelta francamente non perseguibile e demagogica che porterebbe la Svizzera ad essere totalmente dipendente dai suoi vicini per garantire la propria sicurezza e in caso di problemi (velivoli che non rispettano i piani di volo, dirottamenti, aerei che perdono le comunicazioni con gli enti del traffico aereo, ecc…) dovrebbero intervenire le aviazioni da combattimento di paesi stranieri. Questo scenario metterebbe la Svizzera in uno stato di totale dipendenza da Italia, Francia, Germania e Austria.

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