Per “Racconti in Quarantena” ci spostiamo in Piemonte, alle porte della Pianura Padana, più precisamente a Pralormo (TO) in una assolata ma fredda giornata di fine dicembre. Cosa ci sarà mai di bello da vedere nella Pianura Padana? La nebbia? Di sicuro nelle giornate con poca foschia si possono ammirare le Alpi, le tante cascine memori di una lunga tradizione di agricoltura, borghi più o meno antichi, boschi, fiumi e campi sconfinati; ce ne sarebbe da parlare per giorni e la tentazione di alzare la vela e girarla in lungo ed in largo è tanta ma il tempo a mia disposizione è poco.
Mio malgrado ho deciso di concedermi una pausa dalle abbuffate natalizie a casa dei suoceri e prendermi del tempo per vedere questi posti che non conoscevo e che, grazie a mia moglie che è originaria di Alba, ho imparato ad apprezzare. Sicuramente il miglior modo per scoprire queste zone è infilarsi in qualche trattoria del posto e farsi coccolare dalla cucina e dai superbi vini delle Langhe che sono proprio alle mie spalle ma lo sapete: a me le cose scontate proprio non piacciono, proprio no! Cosi ho deciso di prendere il mio fido Sky100 e raggiungere i campi intorno a Pralormo per andare ad ammirare queste zone nel miglior modo che conosco: volando.
Siete pronti? Allacciate il casco e preparate la macchina fotografica: secondo me ci aspetta un volo molto sfizioso!
Accendo il motore, lo faccio scaldare e faccio i controlli prevolo: motore ok, vela ben stesa, traffico di volo assente, casco allacciato, macchina fotografica in sicurezza, zip tutte chiuse che farà un freddo pazzesco, ultimo controllo all’ambiente circostante e al Monviso che si staglia imponente davanti a me, poi una corsa decisa e su: si vola!
Eccola, la magnifica Pianura Padana, con i sui immensi campi puntellati qua e là da antichi cascinali, poco oltre fiumiciattoli, boschi e laghi; non lo avrei mai detto, ma me ne sto innamorando. Avanzo verso ovest senza una meta precisa preso dalla bellezza della Palazzina di Caccia Castello di Ternavasso e dal prospicente lago, davvero belli e suggestivi, dai colori tenui dei campi coltivati e dalle Alpi che da lontano idealmente mi accompagnano. Girare senza meta è fantastico, seguire il proprio istinto, la propria curiosità, i propri occhi… è un lusso che ormai pochi sono disposti a concedersi.
Ma come sempre arriva qualcosa, qualcosa che mi fa scattare la molla e che fa venire fuori il mio lato avventuriero sopraffacendo il lato zingaro, qualcosa che mi dice: “Dai Mané, molla tutto a vai!”, stavolta è la visione del paese di Ceresole Alba. “Ceresole d’Alba, Alba… ma si, perché non andare a vedere Alba (CN) in volo? In fondo non dovrebbe essere lontana!”
Viro verso sud est seguendo una strada che riconosco essere quella che ho fatto diverse volte per andare da Alba a Torino poi… non ridete vi prego… poi mi perdo.
Oh, Meoni si è perso con due GPS in mezzo al deserto, permettete che un fesso venuto da Collefalciano si possa perdere senza avere uno straccio di GPS a 200 metri di altezza nel bel mezzo del Piemonte? “Seconda stella a destra, questo è il cammino, e poi dritto fino al mattino…” cantava così Bennato, ma qui è pieno pomeriggio e di stelle proprio non se ne vedono!
Proseguo seguendo una rotta immaginaria, cercando dei riferimenti, qualcosa che mi faccia capire dove sono: guardo sotto di me e vedo il paesaggio cambiare, il terreno farsi meno piatto e più collinare, i prati lasciare spazio a boschi ma soprattutto ai vigneti: mi sto avvicinando alle Langhe, è chiaro. In lontananza vedo una grossa città che immagino (ma non ne sono affatto sicuro) sia Alba, proseguo sorvolando un castello che scoprirò poi essere il Castello di Monticello d’Alba e da lì mi affaccio su una vallata percorsa da un grande fiume: “è il Tanaro, impossibile non riconoscerlo!” penso tra me. Tiro un sospiro di sollievo, non è facile essere qui, per l’ennesima volta da solo, senza nessuno che mi dica cosa fare e cosa non fare e soprattutto che mi indichi la rotta da seguire, ma ormai è una costante delle mie avventure e a me, in fondo, piace così!
Alba è là, a cinque chilometri da me, l’istinto è di andarci subito, ma l’occhio continua a guardare verso sud, verso loro, le stupende Langhe, una lunga serie di colline, vigneti e panorami mozzafiato, paradiso dei motociclisti, alcova degli amanti del buon vino e della buona cucina: impossibile non andarci.
“Calma Mané, ok il tuo paramotore è potente ed affidabile, ma sulle Langhe non si scherza e in caso di problemi, i vigneti non sono il posto migliore dove fare un atterraggio di emergenza!” penso tra me e me mentre supero un placido Tanaro. Faccio quota tenendo Roddi alla mia destra poi inizio a sorvolare Langhe, perdendomi negli sterminati filari di vigna, li guardo e rimango colpiti dalla precisione svizzera con cui seguono il profilo delle colline, li guardo e… mi rendo conto che effettivamente non c’è un prato dove atterrare in caso di emergenza, aiuto!
Punto deciso Diano D’Alba, la porta delle Langhe e quando raggiungo la casa di mia moglie, poco prima del paese, mi metto a girare intorno per ammirare il panorama: vedo le Alpi, fedeli compagne di questa avventura, imponenti e maestose, mi hanno fatto sentire meno solo durante questo volo, le colline le vere protagoniste di queste zone con le vigne, i noccioleti e le tante cascine costruite dagli stessi uomini che hanno trasformato queste zone in un paradiso del gusto e della gastronomia. E’ un piacere per gli occhi e per la mente essere quassù, un piacere che riesce a non farmi percepire il freddo e la stanchezza, un piacere che ancora aspetta la sua ciliegina sulla torta: la bellissima Alba!
Alba, la città delle cento torri, o era Ascoli Piceno? Fa nulla, Alba è li, duecento metri sotto i miei piedi, mollo l’acceleratore e plano fino ai “tetti blu”, un quartiere residenziale nell’immediata periferia di Alba, costeggio l’imponente stabilimento della Ferrero e mi inebrio dei suoi golosi profumi, proseguo e mi metto ad ammirare il centro storico di questa bellissima città, con la Cattedrale di San Lorenzo che svetta su tutte le altre costruzioni mentre la luce tenue del pomeriggio risalta ancora di più i colori pastello dei mattoni con cui è costruito il centro storico.
Vista da quassù la città è ancora più bella e splendente, la cura e la bellezza dei sui palazzi è sorprendente, la sola vista fa venir voglia di scendere e visitarla, ma non ci sono degli atterraggi sicuri e mio malgrado proseguo verso Nord, verso gli ampi campi intorno a Castagnito, dove ho deciso di andare ad atterrare.
Sono in volo da quasi due ore quando raggiungo l’abitato di Guarene a pochi metri dall’atterraggio, la stanchezza è tanta ma poi l’occhio mi cade sul bellissimo castello e… è più forte di me non posso farci nulla, do subito gas per raggiungere la parte alta del paese ed ammirare i lussureggianti giardini ed il massiccio castello che domina sulla valle del Tanaro. Wowwww! Sapete, questa è una di quelle situazioni in cui non vorrei scendere mai, ma il buon senso (e la poca miscela rimasta nel serbatoio) mi fanno desistere ed atterro in un vicino prato. Mi giro, mi guardo intorno e caccio un urlo liberatorio: che posti ragazzi!
Questo racconto lo dedico a Susanna e a tutte le infermiere, infermieri e personale sanitario che ogni istante della giornata, 365 giorni l’anno, mettono a repentaglio la loro sicurezza e (troppo spesso) la loro vita per il bene della collettività!
Testo e immagini: Emanuele “Manè” Ferretti