La notizia è di qualche ora fa e comunica che sarebbero trapelati alcuni importanti dettagli riguardo lo schianto al suolo del 15 maggio 2020 nei pressi della base aerea di Eglin in Florida, che ha visto coinvolto un caccia F-22 Raptor in carico all’USAF.
Dai dettagli riportati, oltre alla perdita di uno dei preziosi velivoli di V generazione, l’incidente avrebbe potuto generare una serie di conseguenze ben più gravi. Sembra infatti che dopo lo schianto al suolo, altri F-22 e F-35 che volavano nella zona in uno spazio aereo ormai al collasso, stavano per entrare in collisione fra di loro, creando cosi un pericolosissimo effetto domino dalle conseguenze inimmaginabili.
Il rapporto stilato a seguito dell’incidente riporta come il pilota del Raptor abbia riscontrato sin da subito dopo il decollo una serie di grossi problemi con il jet, fino a quando, ormai impossibilitato a governare, si è visto costretto ad eiettarsi dal velivolo mentre il caccia precipitava rovinosamente al suolo, disintegrandosi.
A seguito dei comunicati stampa rilasciati dall’US Air Force, eravamo già al corrente che la causa principale dell’incidente era da attribuirsi ad un errore di manutenzione dopo che l’F-22 era stato lavato, circostanza questa che in qualche modo pare abbia influito sui suoi sistemi di controllo. A seguito della scoperta, l’US Air Force aveva deciso di cucirsi la bocca e di non far emergere niente sulle reali cause dell’incidente. Aveva altresì rifiutato categoricamente di condurre un’indagine molto più ampia, citando vaghi potenziali problemi di sicurezza operativa anche per il resto della flotta.
Oggi, a distanza di mesi, sono finalmente disponibili maggiori informazioni sul fatto, grazie ai documenti rilasciati all’Air Force Times tramite il Freedom of Information Act.

Comandato dall’assistente del direttore delle operazioni del 43rd Fighter Squadron, l’F-22 era decollato dalla base aerea di Eglin usando il nominativo Hornet 1. La missione prevedeva che il velivolo prendesse parte ad un addestramento congiunto all’interno di un gruppo di tre F-22, sei F-35 e quattro F-16C. Una volta decollato il pilota del Raptor si è accorto del primo problema non appena ha iniziato a lampeggiare sul pannello di controllo una spia di avvertimento. Non riscontrando altri problemi evidenti, il pilota ha optato per proseguire. Pochi secondi dopo il jet ha iniziato a rollare sul lato sinistro senza che questo movimento potesse essere in alcun modo essere fermato.
Temendo un possibile spegnimento del motore sinistro, il pilota ha deciso quindi di rallentare la spinta di entrambi i turbofan Pratt & Whitney F119 del Raptor, mentre il suo gregario effettuava una serie di controlli visivi al motore per scorgere e comunicare eventuali problemi. In base alla testimonianza del pilota gregario, a seguito di un altro forte rollio sul lato sinistro e di un beccheggio, l’aereo si è trovato quasi capovolto.
“Pensavo di essere a bordo di un aereo completamente fuori controllo; a quel punto ero seriamente preoccupato di dovermi lanciare proprio in quel momento e in quelle condizioni”, ha raccontato il pilota agli investigatori. Nonostante ciò, il pilota è riuscito miracolosamente a riprendere il controllo, continuando la sua navigazione. Per l’ennesima volta è apparsa un’altra spia di avvertimento, la quale avvertiva il pilota che la cellula stava diventando eccessivamente sollecitata dal carico g.
“A quel punto ho deciso di contattare la base dichiarando lo stato di emergenza, cercando di tornare a Eglin quanto prima. Nel frattempo ho cercato di consumare quanto piu’ carburante possibile prima del rientro. Quando ho superato i 10.000 piedi, il jet ha ricominciato ad avere tendenze incontrollabili … la sensazione era di trovarsi dentro a un barile“, ha dichiarato il pilota. “Ci è voluta la maggior parte della forza che avevo a disposizione nel mio braccio destro per mantenere l’aereo in volo livellato; e poi a quel punto, non riuscivo neppure più a virare a sinistra“.
Mentre stava lottando con i comandi, il pilota ha scorso sul display una serie di valori fra cui altitudine e velocità, del tutto errati rispetto a quanto riportato dal suo gregario. Impossibilitato a proseguire il pilota scelse di lanciarsi facendo precipitare il Raptor a terra che si distrusse esplodendo in una palla di fuoco proprio all’interno dell’Eglin Training Range.
Una volta messosi in salvo con il suo paracadute, gli altri F-35 presenti si sono diretti immediatamente sul posto con l’obiettivo di trasmettere le coordinate ai soccorritori, rimanendo nell’area per supervisionare il recupero. Il pilota fortunatamente è stato prelevato da un veicolo governativo di passaggio e poi portato in un ospedale locale dove è stato curato per lievi ferite.
La situazione stava però prendendo una brutta piega. Gli F-35 che coordinavano il salvataggio infatti, una volta iniziato a esaurire il carburante, hanno effettuato un rientro collettivo alla base, rischiando di scontrarsi con gli F-22 che erano presenti nello stesso ristretto spazio aereo. I documenti lo descrivono come un ambiente “saturo e abbastanza pericoloso“. Non è chiaro esattamente quanti caccia siano stati coinvolti in questo incidente mancato, anche se il numero dei velivoli totale vedrebbe gli altri due F-22 forse sei F-35 che erano ancora in volo in quel momento.
In questo spazio aereo ormai più che congestionato si erano aggiunti anche altri velivoli, ovvero alcuni U-28 Draco utilizzati per compiti di intelligence e sorveglianza e provenienti dall’Hurlburt Field in Florida. Anche altri aerei da combattimento dell’Aeronautica militare statunitense che si esibivano in un sorvolo locale hanno rischiato di trovarsi in quel momento nell’area dall’incidente.
Per fortuna da terra è stato dato loro ordine di modificare immediatamente la propria rotta. Il rapporto sull’incidente ha descritto il mancato incidente come “un’opportunità di apprendimento per il futuro coordinamento della risposta alle emergenze nell’area“, secondo l’Air Force Times. Chiaramente, l’incidente avrebbe potuto avere ben più gravi conseguenze. Per la base di Eglin, maggio 2020 è sicuramente un mese da dimenticare.
Proprio in quei giorni anche un F-35A si era schiantato durante atterraggio. Era il 19 maggio 2020, appena 4 giorni dopo il crash dell’ F-22; quel giorno il pilota del Lightning non pote’ fare altro che lanciarsi dopo aver lottato a lungo contro una vasta serie di malfunzionamenti presenti a bordo.

L’incidente del Raptor ha provocato danni per oltre 202 milioni di dollari, inclusi i costi di pulizia e bonifica ambientale. La causa principale dell’incidente è stata attribuita ad un vago errore di manutenzione, commesso dopo che l’aereo era stato lavato adottando una procedura in modo improprio da uno o più membri del personale di terra. Questo errore “ha influito sugli input di controllo trasmessi all’aeromobile“, secondo l’US Air Force, ma non sono stati forniti al pubblico ulteriori dettagli e non è chiaro se siano state anche apportate delle modifiche alla procedura di manutenzione o se siano stati effettuati lavori di riparazione e correzione su qualsiasi altro velivolo della flotta Raptor.
Tutto sommato, la risposta pubblica dell’US Air Force all’incidente è stata alquanto bizzarra, inclusa la decisione di rinunciare all’obbligo di condurre un’indagine tradizionale ed analitica sulle cause dell’incidente, che sarebbe poi stata ovviamente resa pubblica. La decisione è alquanto insolita in quanto si trattava di un incidente di Classe A, ovvero di una categoria che coinvolge incidenti che causano danni per oltre 2,5 milioni di dollari o nella quale una persona viene uccisa o resa completamente invalida. Ricordiamo che nel 2020, l’US Air Force ha subito 29 incidenti Class A con la perdita di 14 aircraft velivoli.
La perdita di un qualsiasi Raptor, tuttavia, è un grosso problema per l’US Air Force; per questi motivi da più parti si sta iniziando a pensare alla sua eventuale sostituzione. Nel marzo di quest’anno, un altro F-22 si è reso protagonista sempre ad Eglin di un avaria, quando il pilota ha subito un guasto al carrello anteriore.
Testo: Simone Ferrante