lockheed SR-71A blackbird
Copyright: Gianluca Conversi

Il Lockheed SR-71A Blackbird dello Smithsonian

Raccontare qualcosa di nuovo su un aereo famoso come il fantastico Lockheed SR-71 Blackbird, che è a pieno diritto nella Hall of Fame dell’aviazione, è assai arduo.

Avevo già incontrato l’uccello nero nel 2000, quando le Twin Towers dominavano ancora la suggestiva skyline di Manhattan. Visitai l’arcinoto museo galleggiante Intrepid Sea, Air & Space Museum presso il Pier 86 dove la portaerei leggera CV-11 USS Intrepid è ormeggiata ed ospita a bordo all’interno di un parco tematico aerei dell’aviazione di marina e non solo.

Chiaramente, vedere un Blackbird “appontato”  in mezzo ad altre macchine fa un po’ specie, per questo forse non mi colpì più di tanto a quei tempi e non degnai ad esso più di qualche secondo.

A metà giugno 2016 sono ritornato a New York ed ho rivisto dal Pier il velivolo della Lockheed, ora parcheggiato a prua con i motori rivolti verso il bordo libero. Ho avuto la stessa sensazione di allora, forse colpa degli ugelli dei possenti motori che a 28’000 metri portavano il Blackbird ad oltre Mach 3,5 sigillati da tappi rossi…

Non poteva finire così, per cui la visita nei giorni successivi allo splendido museo Steven F. Udvar-Hazy Center in Chantilly, VA, vicino ai margini dell’aeroporto Dulles di Washington, ha avuto tutt’altro effetto. Al museo, in una cornice sicuramente scenografica e non certo fotografica, troneggiava nel Boeing Aviation Hangar, insieme allo Shuttle Discovery, il Lockheed SR-71A Blackbird s/n 17972.

SR-71A Smithsonian Museum

Circondato da faretti e luci soffuse, ottimamente conservato, ho potuto finalmente vederlo “CON CALMA“, da vicino, ed osservarlo da ogni angolazione e per pochi secondi da solo, gentilmente concessi da un comprensivo steward prima dell’apertura del Museo ed essere quindi oggetto dell’attenzione di appassionati, scolaresche, curiosi.

Che dire… intanto la sua fama è arcinota così come le sue imprese di ricognizione strategica sui cieli ostili che lo rendevano non intercettabile grazie alla velocità, quota di crociera e RCS (Radar Cross Section), perlomeno sino all’avvento del Mykhoyan-Gurevich Mig-31 (Foxhound per la NATO) e del missile R-33 (AA-9 Amos in codice NATO).

Il nuovo caccia pesante a lungo raggio, unitamente alla mappatura delle rotte ed all’azione congiunta di più aerei intercettori in volo al momento ed al posto giusti, poteva in un qualche modo creare grattacapi al ricognitore americano.

Mig-31 FoxhoundLa storia racconta di almeno due casi in cui i Foxhound sovietici arrivarono quasi a tiro. Fatto sta che, almeno ufficialmente, verso la fine degli anni ’80 i Blackbird non sorvolarono più i cieli sovietici ma effettuarono le loro missioni strategiche rimanendo al di fuori dello spazio aereo avversario.

Le ore di volo dei Blackbird prodotti furono più di 2.800 in 24 anni di servizio con l’USAF, anche se dichiarazioni di personale della Lockheed hanno portato in evidenza che alcuni esemplari sono rimasti in servizio per vari scopi ben dopo il ritiro ufficiale dalla linea operativa.

L’esemplare esposto al museo ha effettuato il suo ultimo volo il 6 marzo 1990 ai comandi del  Ten. Col. Ed Yielding e del  Ten. Col. Joseph Vida, volò da Los Angeles a Washington in 1 ora, 4 minuti e 20 secondi alla media incredibile di 2418 km/h! Record.  All’atterraggio presso il Dulles-International Airport, l’aeroplano è stato trasferito nell’area museale dello Smithsonian per essere preparato all’esposizione e diventare uno dei pezzi pregiati del museo.

Mi avvicino quasi con timore reverenziale, le luci ambientali ed i faretti a terra disposti a triangolo intorno all’aereo mi ricordano la simbologia massonica.

L’aereo ha un profilo molto basso, la sua linea affusolata e dai profili ben raccordati quasi senza spigolature ci ricordano che l’aereo aveva un profilo stealth molto molto ridotto ed il design dell’epoca effettuò un gran lavoro di ricerca aerodinamica pere trovare la conformazione più adatta per combinare il volo trisonico, il calore generato in quota  e la riduzione della traccia radar.

Inevitabile pensare all’altro prodotto di casa Lockheed, ovvero lo “spigoloso” F-117A Nighthawk, lo stealth per eccellenza, o ai design raffinati di B-2 ed F-22 che ritornano a seguire un design pulito, privo di angoli e perfettamente raccordato.

F-117A Nighthawk

La visuale del pilota era limitata sia dalla vetratura ridotta ma anche dalla sagoma piatta e larga che ne limitavano la visibilità. Praticamente nulla era la vista dal posto posteriore, in tandem: il co-pilota aveva a disposizione due piccoli finestrini laterali.

Il profilo frontale dell’abitacolo è stranamente poco angolato all’indietro, quasi un’anomalìa dal punto di vista aerodinamico ma necessario a causa del disegno della fusoliera, assai piatto. L’85% della struttura è in titanio, il resto in materiali compositi, avanzatissimi per l’epoca.

Lockheed SR-71 BlackbirdLe alte temperature alle quali l’aereo era sottoposto provocavano una dilatazione della fusoliera e di tutte le parti, inclusi i condotti per il carburante. La perdita di carburante era tale “a freddo”, che appena in volo veniva rifornito e si lanciava ad alta velocità “per scaldarsi” e rendere stagni i serbatoi  così come le parti meccaniche e le varie tubazioni.

Possiamo solo immaginarci quali e quante difficoltà i progettisti degli Skunk Works dovettero affrontare per “mettere d’accordo” aerodinamica, alte temperature, confort (poco) dei piloti, dinamica dei fluidi, stabilità ed alta velocità…

Il disegno alare, una sorta di delta con angolo accentuato, presenta il raccordo ala-fusoliera in posizione arretrata rispetto al baricentro dell’aereo, con i motori “conformal”  integrati nelle due semi-ali, ben distanziati tra loro e con gli ugelli di scarico coperti dalle derive e dai piani di coda terminanti all’interno della sagoma di ciascuna semi-ala; non siamo al moderno “disegno a dente di sega”  di F-117, B-2 o F-22 ma l’intenzione pare chiara.

Di estrema complessità, si nota dalla foto, il disegno delle prese d’aria che degli ugelli di scarico.

Affascinato dalla storia e dalla segretezza delle sue missioni, concludo la mia visita all’aereo con il solo rammarico di non aver potuto scattare fotografie nelle condizioni migliori, complici la poca luce, molto scenografica ma poco… fotografica, e la mancanza di un cavalletto come alternativa.

Normale a quel punto è stato il pensare al suo sostituto, se mai verrà alla luce: i comandi strategici americani qualche nostalgia  per il Lockheed SR-71 devono pur averla, ritengo, perché da tempo si parla di un progetto della Lockheed stessa per un  SR-72 da far volare entro il 2030.

Il “Blackbird II” (nome frutto della mia immaginzazione, ma non saprei come altro potrebbero chiamarlo per sfruttarne l’impatto anche dal punto di vista propagandistico e psicologico) dovrebbe, stando ai “si dice”, raddoppiare le prestazioni del predecessore, arrivando a velocità ipersonica  (Mach 6) e per di più portando anche un carico bellico di rilievo. Optional la possibilità di volare con o senza pilota.

Staremo a  vedere.

Testo e immagini: Gianluca Conversi