Gli Skunk Works di Lockheed Martin hanno pubblicato la loro visione del concetto di team manned-unmanned per gli UAV gregari, indicando la direzione in cui i futuri progetti e la dottrina dei caccia statunitensi potranno evolversi. Il video raffigura vari droni di diverse forme e dimensioni, di fascia alta e di tipo “attritable”, cioè spendibili in battaglia, con ruoli diversi controllati da un singolo caccia F-35 ed integrati in una rete più completa di risorse aeree che operano in uno spazio di battaglia conteso.
Il video illustrato del direttore generale della Skunk Works e CEO della Lockheed Martin John Clark mostra un F-35 che vola davanti ad un UCAV ad “ala volante”, un UCAV che sembra un gregario con una coda a forma di V e una presa d’aria centrale sulla parte superiore della fusoliera; un drone simile a un missile chiamato Common Multi-Mission Truck (CMMT) lanciato dall’F-35 con ali a scomparsa e un UAV simile ad una bomba con una coda a forma di V e una cupola nella parte superiore centrale della fusoliera, forse destinato alla comunicazione satellitare.
Il penultimo (quello lanciato dall’F-35) ha diversi moduli all’interno della fusoliera, il che implica che potrebbe essere personalizzato per missioni di attacco terrestre e kamikaze. La presentazione di Lockheed Martin esplora i modi in cui un velivolo pilotato potrebbe collaborare con un team di sistemi autonomi per offrire una maggiore flessibilità di missione e a basso costo: il “Distributed Teaming”.
Gli UCAV/UAV CMMT vengono mostrati mentre volano davanti a due F-35 e un C-130J Hercules come parte di uno sciame CMMT con un caccia Next Generation Air Dominance (NGAD) davanti a loro e vicino alle coste nemiche. Il territorio nemico ha diversi siti di missili terra-aria (SAM) con l’UAV ad ala volante fuori dal loro raggio.
Due F-35 stanno volando separatamente, mentre i più importanti gregari stanno guidando altri due F-35. I gregari sono etichettati come “EW” (Electronic Warfare) e “Decoy”, con quest’ultimi mostrati mentre ingannano il fuoco dei SAM e quelli etichettati EW che inviano segnali che disturbano i radar dei siti SAM. I droni ad ala volante svolgono attività di intelligence, sorveglianza e ricognizione (ISR), inviando informazioni al terzo gruppo di F-35, che dirige/controlla i gregari affinché intraprendano le azioni appropriate.
Naturalmente, questo concetto presuppone che nazioni come la Russia o la Cina non abbia sviluppato gregari e altri UCAV controllati da aerei propri, oltre a non fare affidamento solo sui SAM per affrontare le minacce aeree.
Qualsiasi attacco diretto a territori controllati da questi paesi sarebbe difeso principalmente dalle loro squadre di caccia, di UAV gregari, velivoli ISR ed aerei Airborne Early Warning (AEW) e, nel caso della Cina, da un’intera flotta navale con portaerei, caccia imbarcati e unità navali di superficie con formidabili capacità di difesa aerea (AD).
John Clark sembra aver riconosciuto questa svista e ha aggiunto che gli Skunk Works hanno iniziato ad esplorare l’utilizzo di piattaforme senza pilota “attritable”, piattaforme economiche e spendibili che i comandanti sarebbero disposti ad utilizzare per missioni ad alto rischio e di perderle in combattimento, invece di quelle avanzate e più costose. Il Pentagono, come sappiamo, ha messo in campo i programmi “Skyborg” e “AAAx – Autonomous Attritable Aircraft Experimentation” proprio per esplorare questa tipologia di velivoli e droni a basso costo.
Questi programmi sono finalizzati a mettere in campo aerei autonomi che siano abbastanza economici da operare in ambienti in cui vi sia un’alta probabilità di perdita di aeromobili, ma che siano anche riutilizzabili. L’US Air Force prevede che questi UAV possano operare sia in modo completamente autonomo che in gruppi in rete mentre sono collegati tramite collegamenti dati ad aerei con equipaggio, tutti controllati da ciò che l’US AFRL chiama un ACS modulare che può pilotare, navigare e comunicare autonomamente ed eventualmente integrare altre capacità avanzate.
Ma i droni “spendibili” saranno un vero risparmio di costi? Secondo John Clark sembra di si. “Nel contesto di uno qualsiasi di questi combattimenti, le perdite devono far parte del calcolo. Puoi dimostrare qualsiasi concetto di missione in una sede di analisi operativa e dimostrare che funziona una volta. Riesci a farlo funzionare ripetutamente per 30 giorni quando inizi ad accumulare le perdite di una campagna? Se stai guardando il costo della perdita di un velivolo, diciamo 10 milioni di dollari, e i tuoi tassi di abbandono sono al di sopra dell’80%, quei numeri si sommano molto rapidamente. E poi quel restante 20% che non hai attribuito, qual è il percorso di sostegno o logistico che li accompagna per ricostituirli, per poi riutilizzarli?“.
La Defense Advanced Research Projects Agency (DARPA) ha persino preso in considerazione la possibilità di sperimentare piccoli droni recuperabili che possono essere salvati dalle navi militari. Ma ancora una volta, si sono resi conto dello sforzo logistico e del rischio operativo di recuperare i droni perduti in uno spazio di battaglia pesantemente caotico e intenso. Questo per non parlare dello sforzo di ripararli e riutilizzarli. Un avversario può sempre continuare deliberatamente ad abbattere tali droni “recuperabili” per attirare le risorse statunitensi in una missione di salvataggio, che potrebbero essere il loro vero obiettivo.
Seguiteci anche sul nostro canale Telegram.