volare con il parapendio
Copyright: Emanuele "Mané" Ferretti

Un posto speciale che non c’è più!

Non è vero che non c’è più, ma è un po’ come una ragazza con cui hai fatto sesso fino al giorno prima ed arriva il padre e ti dice:” guai a te se ti avvicini a mia figlia!” E tu la vedi passare ogni giorno con quella gonna che a stento le copre le sue gambe sode e sai… che non puoi nemmeno sfiorarla!

Rosichi, rosichi e ci stai male perché stare con lei… non era come stare con altre ragazze, lei aveva quel qualcosa in più che… ma ora… no ora non più, ora puoi solo ammirarla da lontano e non sai se e quando potrai tornare ad accarezzare le sue gambe sode… e all’improvviso ti senti solo e depresso!

Ma torniamo a noi, mettiamo via le gambe sode e torniamo a parlare di natura e di “un posto speciale che non c’è più!” che è il vero motivo per cui sono qui.

C’era un posto speciale in Italia, un posto dove natura, sport e gastronomia convivevano in perfetta armonia: questo posto era conosciuto come “la piana di Castelluccio di Norcia”. Non uno dei tanti luoghi di montagna da visitare, non un luogo dove fare un normale picnic, non un posto dove passi, scatti qualche foto e prosegui cercando un’altra meta, la piana di Castelluccio era molto di più! La piana per me che sono nato a ridosso di queste montagne era “LA MONTAGNA!” Fin da piccolo i miei mi ci portavano per farmi ammirare l’imponenza del monte Vettore che domina su Castelluccio e sulla sua magnifica piana, crescendo ho iniziato a scoprire questo posto con un cinquantino che a stento riusciva ad inerpicarsi lungo la lunga salita che da Arquata del Tronto sale fino a Forca di Presto poi scende in piana poi …

Poi un bel giorno il bambino che è in me è venuto fuori, e mi ha spinto a fare una cosa (naturale per un bambino innaturale per molti adulti): correre giù da un pendio e librarmi come una libellula in aria! Già, la mia avventura col volo (volo inteso come essere alla guida di un mio mezzo pilotato da me) è iniziata qui, nel settembre 2004!

Me li ricordo ancora, non senza un velo di commozione, i campetti a Colletondo o alla Dogana (tutte collinette della piana di Castelluccio), il sudore e la fatica nel portare il parapendio su per quei collinotti, poi i primi stacchi da terra, 10cm, 20cm, 1 metro, 50 metri! Dio che ricordi, mi sentivo un padreterno, eppure erano delle semplici planate, brevi voli della durata di pochi secondi! Ricordo le giornate alla scuola di volo di Claudio Papa, i pranzi da Evelina o le abbuffate da Claudio, un omone grosso e un po’ rude ma come cucinava lui… Poi il panino con lo Scarafischio o le cene all’osteria… ancora mi lecco i baffi al solo pensiero. Ma Castelluccio era di più, castelluccio era …

Castelluccio era partire la mattina, fare un volo a forca di presta quando ancora la piana dormiva e poi andare ai Pantani di Accumoli a mangiare un panino e cercare i turini, tornare in piana a metà pomeriggio ridecollare ed aspettare il tramonto a 3000 metri di altezza, scendere a fatica e atterrare direttamente sulla strada a un metro dalla macchina,

Castelluccio era decollare e fare toplanding sotto lo “Scoglio dell’Aquila” perché Ubaldo aveva trovato i turini e da solo non riusciva a portarli giù,

Castelluccio era partire la mattina per scendere un paio di volte il fiume Corno in canoa, mangiarsi un panino col ciauscolo a Norcia, salire in piana e farsi un paio di ore di volo in dinamica a Forca di Presta perché quelli come noi non si fanno mancare mai nulla!

Castelluccio era prendere l’Africa Twin, fare enduro con 10kg di parapendio in spalla, arrivare in piana percorrendo sterrate e sentieri, posare la moto fare tre ore di volo poi risalire in sella e tornare a casa col buio percorrendo altre sterrate,

Castelluccio era non incontrare Luciano per mesi e rincontrarlo in volo in cima allo Scoglio dell’Aquila perché i viaggiatori, in quanto tali, si incontrano sempre nei luoghi più inusuali,

Castelluccio era decollare con la luna piena ed atterrare in piana avendo come unico riferimento i fari dell’amico che era sceso ad indicarti dove atterrare,

Castelluccio era godersi la desolazione ed il silenzio dell’autunno,

Castelluccio era decollare dal Vettoretto ed inseguire un’aquila che volava solitaria per vedere dove si saliva di più,

Castelluccio era andare in piana anche senza nessuna attrezzatura tanto la di sicuro si incontra qualche amico, volatore, motociclista o canoista che sia,

Castelluccio era stare a terra e vedere l’elisoccorso avvicinarsi al pendio per recuperare qualche sfortunato collega e chiedersi se non era meglio starsene al mare invece di sfidare madre natura,

Castelluccio era “decollo non decollo, si ma quello vola con una vela più lenta della mia ma guarda … guarda che chiusura che ha preso, nono meglio starsene a terra!”,

Castelluccio erano gli sfottò e le prese in giro per radio mentre eravamo sopra il Vettore, perché per noi il volo … era solo un modo come un altro per stare insieme,

Castelluccio era fare due giorni di fuoristrada in moto partire dal mare ed arrivare a mezzogiorno in piana, infangati fin sopra i denti ma ripagati di tutti gli sforzi dalla vista della piana in fiore,

Castelluccio era:” sai cosa manca a questo volo? Un panino con la porchetta ed una birra gelata, da gustare rigorosamente quassù, a 3000 metri di sogni dalla la terra!”

Castelluccio era odiare la massa urlate da concerto rock che ogni anno si riversava per vedere la fioritura,

Castelluccio era caricare la macchina di birra e carne in quantità industriali e passare due giorni allo stato brado a Pian Perduto,

Castelluccio era:” ma chi se ne frega di essere un pilotone che fa sei ore di volo, l’importante è essere qui in volo e godere della piana dal nostro punto di vista privilegiato!”

Castelluccio era sperare di rimorchiare la bella pilota tedesca a Forca di Presta, peccato che lei preferisse il volo a noi,

Castelluccio era salire per la prima volta in piana con mio figlio di due mesi e spiegargli ogni cosa della piana pur sapendo che a lui a due mesi … non è che gliene fregasse molto della piana,

Castelluccio era starsene al mare fino alle 15, farsi una doccia, salire in piana e volare fino al tramonto,

Castelluccio era salire in piana ed andare a mangiare nel camper di Ubaldo dove cibo e vino non mancavano mai,

Castelluccio era urlare di paura perché il vento ti stava trascinando via e pensare seriamente di morire ma forse non era la tua ora o forse …  hai avuto semplicemente culo e sei ancora vivo,

Castelluccio era rischiare seriamente di morire, atterrare in malo modo su un prato e ripresentarsi nello stesso decollo il giorno seguente,

Castelluccio era volare a Forca di Presta ed imprecare contro gli aeromodellisti che spesso ti passavano vicino rischiando di farti precipitare

Castelluccio era volare sfiorando i prati, lentamente risalire fino a quota 3000 metri ed ammirare i laghi di Pilato,

Castelluccio era il bipbip frenetico del vario (con annessa strizza) quando passavi sopra le pietraie del monte Vettore e beccavi una megatermica!

Castelluccio era incontrare la donna della tua vita in Inghilterra, presentarla ai tuoi e poi portarla subito in piana per fare bella figura,

Castelluccio era imprecare contro gli amministratori per la storia dei permessi per raggiungere i decolli, troppo pochi e la cui gestione era troppo macchinosa,

Castelluccio era decollare a pochi metri dalla tua donna e sparire per un paio di ore senza che lei sapesse se sei vivo o morto poi atterrare sano e salvo con una faccia da ebete che manco la prima volta che l’hai fatto avevi una faccia cosi,

Castelluccio era mio fratello che dopo esserci confrontati su chi di noi avesse fatto la foto più bella alla piana tira fuori quella fatta a suo figlio e sbaraglia tutti noi, perché il posto più bello al mondo non sarà mai più bello di un figlio che ti sorride,

Castelluccio era il vento che ti accarezza il viso mentre i profumi dell’erba secca e dei fiori ti solleticano l’olfatto,

Castelluccio era … camminare scalzi sui prati e sentirsi finalmente in armonia con se stessi e con il mondo!

Non è vero, Castelluccio era molto di più! Ma io sono un semplice sportivo e non riesco a trasmettervi tutte le emozioni ed i ricordi che questo luogo riusciva a darmi. Ora Castelluccio e la piana sono ancora li, chiusi dalle forze dell’ordine per motivi di incolumità pubblica o qualcosa del genere, accessibili solo dagli addetti ai lavori o, in qualche rara occasione, dai tanti appassionati di montagna. Io … io sono triste e malinconico, sono triste perché la montagna è ancora li, ma è inaccessibile fino a data da destinarsi e, un po’ come all’inizio di questo racconto, vivo le mie giornate ripensando ai bei momenti passati li … sperando che un domani le cose possano cambiare …

Ciao, “Mané”.

Dedicato a Claudio Papa il mio istruttore di volo, la persona con cui ho iniziato la mia avventura del volo proprio a Castelluccio e l’unico a cui affiderei la vita di mio figlio!

Ps. Al momento in cui questo testo è stato scritto la piana di Castelluccio era accessibile solo alle forze dell’ordine. Ad oggi è stata riaperta la strada che da Norcia sale in piana, consiglio comunque di sentire le autorità prima di recarsi in questi posti.

Testo e immagini: Emanuele “Manè” Ferretti