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Axalp 2018: in volo con il Super Puma della Swiss Air Force

L’alba non è ancora spuntata, ma i suoni tipici della città che sonnolenta si sta risvegliando si cominciano ad udire, la non distante autostrada A4 rilascia il suo sordo ronzio di auto e camion che anche a quest’ora, sono le 4 del mattino, percorrono la via più trafficata d’Italia che taglia il Nord della penisola da Ovest verso Est.

Un SMS ricevuto dal Comando delle Forze Armate Svizzere ci avvisa che i Fliegerschiessen Axalp, i famosi tiri d’aviazione delle forze aeree svizzere,  è confermata ed è l’ora di partire. Percorreremo L’autostrada sino a Milano per poi lasciarla all’altezza di Viale Certosa ed imboccare la A9, altro tratto congestionato durante il giorno, via d’accesso da nord verso il capoluogo lombardo.

Il viaggio sonnolento scorre liscio, poco traffico sino al confine di Como-Brogeda che attraversiamo con un saluto alle guardie di frontiera che a loro volta ricambiano. Iniziamo il lento percorso in territorio elvetico che ci porterà alle porte di Lucerna transitando per Mendrisio, Bellinzona, Biasca sino ad arrivare al lungo traforo del San Gottardo, 17 km ad una sola canna ed una sola corsia, altro punto delicato nel transito verso nord che si percorre ad 80 km orari.

Una leggera foschia accompagnata da una lieve pioggerella ci accompagna mentre al buio continuiamo il viaggio: nessuna sosta è prevista nei 323 km di percorso. Faremo colazione all’arrivo.

La tortuosa autostrada A9 che percorreremo per 202 km è incastonata in valli pluviali, sono le 7 e non vediamo ancora albeggiare: le cime alpine sono molto alte anche se da est un lieve chiarore si intravede mentre noi continuiamo nel buio più assoluto alla luce dei fari.

Il navigatore vuole farci uscire subito dopo il San Gottardo, ma proseguiamo; non è la strada più agevole specie di notte ed inverno perché ci costringerebbe a percorrere 53km di tortuosa strada montana, per quanto abbastanza agevole, obbligandoci a scavalcare un passo alpino a 2200 metri di quota sovente chiuso.

Allunghiamo così il percorso di 60 km sino alle porte di Ginevra, costeggiando gli impianti della RUAG e della Pilatus con la sua pista che lambisce l’autostrada. Ora ci accompagna una nebbiogena sottile, è l’ora di lasciare l’area di Lucerna per imboccare la strada 4 direzione Interlaken.

Ormai ci siamo, qualche tornante di una strada ampia ci fa scollinare a poco più di 700 metri. Non vediamo ancora la base mentre le luci del mattino finalmente illuminano una giornata che si presenta grigia in valle, mentre in quota notiamo grandi squarci di un azzurro cupo.

Scendere verso Brienz e Unterbach è emozionante, perché già si vede la pista dell’Aerobase di Meiringen, nostra meta finale. Si intravede la famosa caverna, il ricovero nelle viscere dello Schwarzhorn dove gli aerei di fabbricazione americana F/A-18C Hornet del Fliegerstaffel 11 sono ricoverati.

Nei periodi piovosi e primaverili, grazie allo scioglimento dei ghiacci ed alle temperature sopra lo zero, lo scenario è completato dalla piccola ma lunga cascata dell’Oltschibach il cui piccolo corso d’acqua sparisce subito sotto-terra per alimentare il canale artificiale che da ovest verso est taglia tutta la valle, dal lago di Brienz sino a Innertkirchen, a sud-est formando un intrico di vie d’acqua che alimentano l’economia di tutta la zona.

La piccola ma efficiente base aerea della Schwarzer Luftwaffe è completamente immersa ed integrata nel territorio che la circonda, una strada dotata di passaggio a livello (come a Gibilterra) la attraversa ed il piccolo tessuto urbano di Unterbach quasi non si distingue da essa.

La località di Meiringen vera e propria si trova invece a sud est della pista orientata per 10-28 e dotata da ambo i lati di sistemi di arresto ben evidenti. Meiringen non ha solo il suo famoso quanto affascinante aeroporto militare, circondato da shelter decentrati oramai in disuso ed utili come spotting point o come ricovero di … mucche.

E’ una località famosa perché qui nacque la meringa e qui Sir Arthur Conan Doyle fece morire Sherlock Holmes tra le freddissime acque di fusione dei ghiacciai delle montagne vicine; una di queste è la gola Aareschlucht, un crepaccio roccioso naturale scavato nel corso di milioni di anni dal fiume che scende dal ghiacciaio dove una passerella ben assicurata permette di attraversare la gola passando pochi metri al di sopra delle acque tumultuose fra le pareti rocciose a strapiombo.

Quale miglior scenario per far sparire il miglior investigatore del mondo?

Alle fragorose cascate del Reichenbach si arriva con una nostalgica funicolare e, già durante il tragitto, si possono ammirare le cascate inferiori, di dimensioni più piccole. Dalla terrazza panoramica della stazione a monte si apre l’impressionante panorama sui flutti della cascata del Reichenbach, che si getta in uno strapiombo di 120 metri.

Nel racconto giallo «Il problema finale», l’astuto detective Sherlock Holmes muore precipitando nel vuoto proprio in questa cascata. L’autore inglese della serie, Sir Arthur Conan Doyle, trascorreva spesso le vacanze a Meiringen. Oggi, la località ospita un monumento e un museo dedicati al famoso personaggio romanzesco nato dalla sua penna. Poiché i lettori si rifiutarono di accettare la morte di Shelock Holmes, tre anni dopo Doyle dovette far «ricomparire» il detective.

La zona attorno al Brienzsee si trova a poco più di 500 metri sul livello del mare, non siamo troppo frastornati dai cambi di quota subiti durante il viaggio. La polizia militare è già dislocata nei punti strategici attorno alla base, in un perfetto italiano un soldato ci indica la nostra zona di parcheggio, una pista di rullaggio che termina contro una robusta recinzione attraverso la quale si notano enormi portoni che chiudono una delle immense caverne scavate sotto la montagna.

Lasciamo l’auto, costeggiamo uno dei tanti ruscelli ed in meno di 5 minuti siamo in base, salutati dai gong dei campanacci appesi ai colli robusti delle mucche che pascolano beate attorno alla base. In pochi minuti ci registriamo, riceviamo il pass, usufruiamo dei comodi servizi mischiati a piloti, specialisti ed invitati, mentre la vicina aula magna viene allestita per il briefing che precede l’inizio ufficiale dei famosi tiri d’aviazione che si svolgono ogni anno (meteo permettendo) nel poligono di Axalp-Ebenfluh, proprio alle spalle dello Schwarzhorn, a 2300 metri di quota.

Saliremo al poligono di tiro grazie ad un passaggio aereo offerto delle Forze Svizzere, naturalmente in elicottero. Il nostro turno sarà il terzo, 11:40. Finalmente ci concediamo una meritata colazione, fatta da una sontuosa meringa (non poteva essere diversamente) ed un cappuccino abbondante.

Dalle ampie vetrate del ristorante della base, aperto a tutti,  si gode della vista della base, delle mucche, del passaggio a livello e del gate guardian, un F-5E Tiger II. Il piccolo e veloce jet americano, entrato in servizio nelle Forze Armate Svizzere nel lontano 1978, parteciperà per l’ultima volta ai tiri di Axalp.

Il ritiro delle due dozzine di esemplari è previsto il prossimo anno, diverranno fonti di parti di ricambio per le macchine della Patrouille Suisse, confidando che qualche esemplare, grazie alla disponibilità delle Autorità, possa ancora volare con immatricolazione civile affiancando i due Hawker Hunter ed il bellissimo delta Mirage IIIDS visti in volo lo scorso anno al Breitling Sion Air Show …. mentre da noi centinaia di F-104 vaporizzati.

Sono le 8 del, mattino, una nebbia bassa copre la vallata mentre le alte cime solamente spruzzate di bianco sembrano essere circondate dal sereno. Il grande cancello che separa la caverna dalla strada che porta al piazzale della base rimane però chiuso e non ci sono segnali sonori che ci facciano capire che gli Hornet stanno per uscire per le esercitazioni del mattino.

Un rosso AW109 Grand New del Soccorso Alpino giunge in base, mentre un Eurocopter EC635 si alza in volo e sparisce nella nebbia. Attraversiamo la pista per recarci dal lato opposto, proprio di fronte alla testata 28. Di fronte il raccordo che dalla caverna porta in pista: confidiamo con il tele di prendere d’infilata gli Hornet, a fianco un pugno di spotters locali è già in attesa.

Sono le 8,30, tutto tace, solo il ritmico battere delle pale degli elicotteri medi da trasporto Super Puma e Cougar che affluiscono in base rompono il silenzio placido della valle, quasi innaturale per noi, abituati al frastuono della città ed allo strombazzare di clacson o alle violente, quanto fastidiose, “sgasate” di auto pilotate dagli emuli di Hamilton e di motociclette dei sosia di Valentino Rossi.

Ci godiamo l’aria tersa e pulita, non fa eccessivamente freddo. Inganniamo l’attesa degli Hornet, che non usciranno, a controllare e ricontrollare i dettagli: ISO, tempi, diaframma, obiettivi ben agganciati. La nebbia non si alza, capiamo subito che di Hornet ne vedremo solo uno.. rimorchiato.

Pazienza, intanto ci fotografiamo metà degli elicotteri in dotazione all’Aviazione elvetica: AS635, Cougar, Super Puma. Ora anche un PC-7 viene trainato vicino al passaggio a livello ed affiancato ad un’altro EC635 mentre i Cougar affluiscono ordinati sulla piccola base (la foto che segue è stata scattata rientrando in base, appena dopo il passaggio a livello).

Oramai siamo a metà mattinata, il ritmico flap-flap di 4 elicotteri indica che le operazioni di trasporto degli invitati stanno per avere inizio, mentre il piccolo EC635 continua a ad alzarsi e perlustrare tutto il perlustrabile a bassa quota, attorno alla base ed a diverse quote.

Forare la nebbia con un 400mm non è facile, ma qualcosa che ci scalda, siamo anche in controluce, ma di quelli piacevoli nonostante tutto. Di esso avremo una ben diversa opinione avremo nel pomeriggio….

Da un gate sotto la torre si vedono piccoli gruppi di 10 persone che vengono man mano condotti agli elicotteri che li trasporteranno al poligono di tiro iniziando una spola incessante che terminerà attorno alle 12,30.

I Super Puma ed i più moderni Cougar escono dal piazzale ed imboccano la via di rullaggio parallela alla pista: decolleranno per pista 10 direzione Brienzsee per poi aggirare il costone e raggiungere la piazzaforte in quota da Ovest. 1700 metri di dislivello volati in poco più di 10 minuti. Va bene, niente Hornet, purtroppo: ma ci siamo rifatti con la sagra di frullatori.

La nebbiolina non se ne va, di aerei neanche l’ombra, nemmeno un modellino! Giunge l’ora di lasciare lo “spotting point shelter” (foto sopra) e riattraversare la pista: entriamo nell’aula magna dopo aver presentato le credenziali ed il documento di riconoscimento ed assistiamo alla conferenza stampa ufficiale tenuta dal nuovo Comandante delle Forze Aeree Svizzere  “Divisionario” Bernhard “Beni” Müller (nei gradi dell’esercito svizzero, il Divisionario equivale ad un Generale a due stelle) di cui Aviation Report ha già proposto i dettagli del suo intervento.

La nebbiolina si è finalmente diradata, ora il cielo è terso ma un forte vento caldo da Ovest taglia come un coltello la vallata. Ora si decollerà per pista 28, naturalmente controvento, mentre gli ultimi se ne vanno per 10. Veniamo così divisi in fila indiana in gruppi di 15, presentiamo il nostro ticket, vengono controllati gli zaini e ed il nostro equipaggiamento: senza scarpe da montagna si rimane a terra, oggetti “svolazzanti”, berretti, cappelli e quant’altro non fissato devono essere riposti negli zaini assicurandosi che essi siano ben chiusi.

Ciascuno di noi riceve un set di tappi per le orecchie, perché possiamo dire di tutto, ma gli elicotteri sono assai rumorosi ed attendiamo in zone transennate, due per elicottero ben corredate di istruzioni. Intanto 5 elicotteri se ne vanno, io sono sul sesto e dietro di me altri 4 gruppi attendono il loro turno.

Tocca a noi, si avvicina il nostro elicottero: si tratta di un AS332M1 Super Puma, matricola T-314, numero di costruzione 2328 e costruito nel 1991 dall’allora Aerospatiale, ora confluita come poi è accaduto anche ad Eurocopter, in Airbus Helicopters. La sigla del Super Puma attribuita da Airbus è H215.

Trattengo al collo una delle macchine con il 24-70 montato; veniamo separati in due gruppetti, il primo sale dal portellone di dritta mentre il mio aggira da prua la macchina per salire dal lato opposto. Il piano di carico dell’AS332 è abbastanza alto, non è una macchina particolarmente larga; notiamo subito che i sedili sono disposti centralmente lungo l’asse verticale dalla cabina. Siamo in pratica schiena contro-schiena.

Purtroppo sono il secondo e chi mi precede si è seduto nel posto vicino alla cabina. Ci agganciamo la cintura di sicurezza composta da tre belts che dall’alto ci facciamo passare sulle spalle per agganciare l’abituale fibbia all’altezza della vita. Non c’è tanto spazio, tocco con le ginocchia la fiancata, con lo zaino in mezzo alle gambe.

Immagino una formazione di soldati completamente equipaggiati come possano entrare ed evacuare rapidamente, così come la conformazione dei sedili, del resto il doppio portellone non consente alternative. Lo specialista prende posto sul lastro destro della cabina, riesco nonostante le cinture e la struttura che sorregge i sedili a dare un’occhiata in cabina e noto gli ampi display digitali di cui è dotato il Super Puma, inclusa la mappa tattica anch’essa digitale.

I piloti eseguono gli ultimi controlli e dopo poco arriva la clearance. Si rulla per un centinaio di metri per consentire all’elicottero che ci segue di avvicinarsi alla zona d’imbarco. Pochi minuti e si staccano le ruote da terra. Pensavo in un decollo più robusto visto il forte vento, invece noto un lieve sobbalzo e poco altro. Tento di scattare qualche foto in cabina, ma è quasi impossibile.

Intanto ci godiamo il panorama e la vista mozzafiato della corona di cime che cinge la vallata, mentre il nostro AS332 prende quota con grande sicurezza e stabilità. Viriamo poco prima di Meiringen per dirigere la prua verso Bielen mantenendo lo Schwarzwaldalp alla nostra sinistra.

Se la valle del Brienzsee è verdeggiante e ricca di abeti ed altri alberi ad alto fusto, il panorama privo di neve ci mostra montagne brulle, rocciose di un colore verde misto al marrone quasi spento. Ci avviciniamo all’Oltsbhiburg, altra cima alpina; si sente il cambio di ritmo delle pale e la velocità che scema, notiamo un’ampia vallata alla nostra sinistra, ignari del fatto che gli F/A-18C e gli F-5E si lanceranno in picchiata dopo aver scaricato i loro colpi sui bersagli, e la Patrouille Suisse aprire il ventaglio proprio da laggiù.

Dal portellone, nonostante il controluce, riprendo uno dei costoni (questo è il sud) dove sono contrassegnati i bersagli per i cannoncini degli Hornet e dei Tiger II. E di fronte a noi, sempre perforando la vetrata del nostro T-314, si staglia la nostra meta: la zona d’atterraggio è su un costoncino spianato, dotata di due spot separati da un piccolo spuntone di roccia.

L’atterraggio è impeccabile, ci sganciamo le cinture ed in un amen siamo a terra sotto alle barriere che delimitano la scarpata che termina 2250 metri più sotto nel Brienzsee. Un rapido scatto, mentre un airman si precipita verso di me, non per bloccarmi, ma per garantire la mia sicurezza e raccomandarmi di tenere lo zaino sulle spalle: non avevo fatto in tempo a metterlo dopo essere sceso dall’elicottero.

Le pale che fendono l’aria nell’aggrappare il mezzo in cielo durante il decollo unite al forte vento in quota potevano creare un problema serio. Le ingenuità si possono pagare care. Da ricordare. Così come è arrivato, il T-314 se ne va e lascia il posto ad un Cougar.

E’ tempo di prendere posizione nell’area a noi dedicata, appena sotto all’edificio del Fliegrschiessplatz Azalp-Ebenfluh, ad accoglierci una vista mozzafiato. Terminata l’esibizione, purtroppo ridotta come abbiamo già avuto modo di raccontare, è l’ora di lasciare il poligono ed in fila indiana raggiungiamo l’angusta zona di volo dove attendiamo il nostro turno, non prima di uno scatto al Brienzsee, 2300 metri sotto di noi.

Via veloci, i due spot sono gestiti in modo efficiente e Super Puma, Cougar ed AS635 (per i VIP, incluso il noto fotografo Katsuhiko Tokunaga sceso assieme ai rappresentati di AM, Armée de l’Air, Luftwaffe e Luftstreitkräfte), si alternano rapidi nell’evacuare tutti mentre i numerosi spettatori iniziano la discesa a piedi verso valle, sia lato Axalp/Brienzsee che lato est.

Per una fortuita coincidenza, troviamo nuovamente il T-314 che ci ha accompagnati nell’ascesa. Virata secca verso il basso, via veloci per un volo di rientro breve; si scende rapidi questa volta da est lasciando la spianata di Windegg ed Axalp alla nostra sinistra; la discesa ci porta fulminei sopra l’estremità est del Lago di Brienz per poi allinearci per pista 10 ed iniziare l’avvicinamento verso la base. Siamo purtroppo in corto finale ed atterriamo per 09.

Come i Re Magi, che “per altra strada fecero ritorno alle loro terre“(cit.) , ci sentiamo dei privilegiati e complice il bel tempo scegliamo la strada più corta che attraverso Meiringen ci porta a valicare il Susternhorn transitando attraverso piccoli paesini, zone brulle e verdeggianti, dove in numerosi spiazzi auto parcheggiate ci dicono di quanto quelle zone siano percorse da amanti della montagna, ci gustiamo un paio di laghi morenici di un azzurro carico, frutto di ghiacciai che inesorabilmente si restringono a causa dell’effetto serra.

La strada seppur ricca di curve non è impossibile ed assai comoda; si sale piacevolmente incontrando poco traffico sino valico alpino del Sustenpass posto a 2260 metri nelle Alpi Urane e che collega il Cantone di Berna con il Canton Uri. La strada carrozzabile è una delle più recenti nelle Alpi svizzere e ben fatta, valicare il Gavia o Mortirolo mettono a dura prova nervi e freni.

Il nostro rientro prosegue piacevole in autostrada dove vi facciamo rientro a pochi chilometri dal Traforo del San Gottardo. Il nostro silenzio è indice di stanchezza, la giornata è stata lunga ma non è ancora finita, c’è spazio per metabolizzare quello che si è visto e quello che si è vissuto, decisamente unico, inusuale per noi perché in montagna.

Da ragazzo assieme all’Azione Cattolica feci parecchi campi in montagna, dove ogni giorno si camminava per sentieri, si raggiungevano vette e poi si ridiscendeva, sempre un po più arricchiti. I nostri Alpini, in particolare i veterani con i quali spesso ho a che fare, celebrano i loro momenti intimi con canti sulla montagna.

Praticare escursioni ci porta a contatto con la natura dove finalmente, fuggendo dalla città inquinata, dai rumori di auto e motociclette che sfrecciano su strade e tangenziali, dal lavoro che ci mantiene,  abbiamo il tempo di percepire l’aria, il calore del sole, sentire il profumo di alberi e fiori, ascoltare lo sciabordio dell’acqua e i fruscii del bosco.

Ma alcuni vanno in montagna non solo per inebriarsi di quelle sensazioni e piaceri che in città sono preclusi, ma per ascoltare rumori, musica per le orecchie di molti: parliamo del rombo potente dei turboreattori degli aerei da combattimento che sfrecciano tra le valli e le cime più alte.

Così, l’equilibrio montano fatto di silenzi e paesaggi mozzafiato viene spezzato (o integrato) da suoni prodotti dall’uomo. Là dove volano le aquile e gli uccelli migratori impegnati in lunghi voli di trasferimento, uccelli metallici sfrecciano fragorosi nelle valli, sorvolano le creste e si perdono nel cielo per poi ricomparire a sorpresa e sparire in un profondo canalone.

Per chi, almeno una volta all’anno vuole cimentarsi nello sposalizio tra la montagna ed il volo tra le cime, esiste un luogo unico dove liberare sensazioni di libertà e pienezza, di quiete e serenità bruscamente integrate per alcune ore ed alcuni giorni all’anno dal sibilo cupo e potente dei jet da combattimento ed il ritmico tambureggiare delle loro armi di bordo.

Sì, perché se al Mach Loop o allo Star Wars Canyon si possono analogamente sposare montagna e volo, solamente in una località come Axalp si possono osservare i tiri d’aviazione con le armi di bordo solo dopo ore di silenzioso cammino, oppure trasportati dalla Schweizer Luftwaffe.

Dimenticavamo… Addio F-5 Tiger II.

Testo e foto: Gianluca Conversi e Daniele Ghisolfi

Si ringraziano le Forze Aeree Svizzere, il personale della base aerea di Meiringen ed i piloti e specialisti dell’elicottero Aerospatiale AS332M1 Super Puma serial T-314 che sia all’andata che al ritorno ci hanno impeccabilmente trasportati

Gianluca Conversi: Nato a Parma, vive a Brescia. Grande appassionato di fotografia aeronautica e sportiva, annovera un passato da radiocronista sportivo per alcune radio private emiliane. Collabora come fotografo sportivo con l’associazione Oldmanagency. Si occupa di processi aziendali i e formazione presso una multinazionale leader nei settori del trasporto internazionale e logistica integrata. Ho volato su AB-412, NH-500 (GdF), S-208 (AM).

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